Primo
post italiano. Io e il mio blog, senza filtri mentali, senza interruttore da
dover accendere per passare da una lingua all’altra, tutto come viene.
Beh, non
tutto, perché qualcosa in realtà m’era già venuto in mente la scorsa (ed
insonne) notte.
Uso la mia
lingua perché parlo del mio paese. Leggo sul sito del Corriere della Sera che in Italia ci
si accapiglia per le quattro stronzate dette al festival di Sanremo da
Celentano.
Lo leggo e
mi chiedo: “Possibile che nel 2012 l’Italia sia ancora a parlare del festival
di Sanremo? Onestamente, non ci sarebbero cose più importanti a cui pensare?”.
Sì, perché sempre sul Corriere leggo di corruzione dilagante e di povertà che avanza.
Vista da
fuori l’Italia appare ancora di più come un paese assurdo, dove tutto viene
messo in musica, in urla e in rissa, come un Titanic che
affonda mentre l’orchestra suona e la gente balla. Anzi, più che un Titanic è una Costa Concordia, dove la negligenza e l'ignoranza giocano una bella parte nel naufragio.
E da quando
sono in Canada il caso Costa-Schettino è una delle due volte in cui ho sentito parlare di Italia in televisione (l'altra è
per il debito pubblico, in compagnia di Spagna e Grecia).
Non ho mai
guardato in vita mia il festival di Sanremo, per cui non posso certo dire di
sentirne la mancanza. Ma in generale non sento la mancanza della TV italiana,
così imbarazzante che talvolta si mettono i rifiuti sopra il televisore, senza
poi sbagliarsi più di tanto, visto che dentro sempre immondizia c’è.
Poco prima
di partire ricordo che sulla Rai davano la pubblicità della serie “Don Matteo”:
il prete nel paesino, il maresciallo dei carabinieri meridionale e baffuto
(come se tutti i marescialli dei carabinieri dovessero per forza di cose essere
meridionali e baffuti). Insomma, la fiera dello stereotipo, l’Italia da sagra
di paese che non cresce e non vuole crescere, quasi orgogliosa della propria
arretratezza.
La stessa
Italia dove trovi a farti la predica quei falsi moralisti di Striscia la
Notizia, in prima fila nelle loro battaglie contro i maghi e per curare le
unghie incarnite dei cani, e poi artefici primi del fenomeno del velinismo, per cui è
tutto normale se tua figlia anziché battere sulla strada statale fa più o meno
lo stesso davanti ad una telecamera. Che volete che sia: in un paese dove la
corruzione è ovunque anche un quarto d’ora di celebrità si vende e si compra, come al mercato.
L’ha
insegnato lui, il nostro ex premier, che va bene così.
Quell’ometto
buffo che si credeva simpatico raccontando barzellette sconce, secondo il quale
il successo passa attraverso una comparsata al grande fratello (le minuscole
sono intenzionali) o in qualche show a far vedere tette e culo.
Quello
stesso ometto che parlava di rivoluzione liberale e che tutt’oggi si dice
liberale, violentandone il significato, come se far successo attraverso l’impegno e la fatica quotidiana (sul
lavoro e/o sui libri di scuola) o attraverso il troiaio formato TV fossero la
stessa cosa.
La prima più importante rivoluzione di cui l'Italia ha bisogno è quella del recupero del senso di normalità.
Solo così ci si potrà indignare e provare a cambiare le cose sbagliate (come la corruzione) ed eliminare quelle inutili (come il festival di Sanremo).
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