Secondo post in italiano, nel mio blog dove di solito la lingua di Dante è relegata ai pochi commenti ai miei post. Argomento? C’è bisogno di dirlo? Le elezioni, è ovvio.
Un argomento che mi sta a cuore, nonostante non voterò perché sono in Canada e non mi sono iscritto all’Aire, nonostante si voti in un paese che non sento più mio da diversi anni ma che pure mi porto dentro in un insieme di abitudine impossibili da estirpare (tipo attraversare la strada anche quando il semaforo pedonale è rosso, che io sono un italiano anarcoide, mica un canadese disciplinato).
Sono consapevole che si tratta in qualche modo dell’ultimo treno per la mia povera Italia imputtanita, rovinata dall’incuria nelle grandi come nelle piccole cose.
Non voglio giocare a chi è più anti-berlusconiano, tuttavia mi auguro siano le ultime elezioni dove si senta parlare di lui, se non altro per evitare risolini e commenti disarmanti fatti da chi avrà ben altre rogne non risolte nella sua storia, ma che si è risparmiato un primo ministro mignottaro ed intento a giocare a nascondino con Angela Merkel (vedasi la patetica scena del cucù).
L’isolamento nella sorta di bolla in cui vivo e che in parte mi sono costruito da solo, fatto di casa, lavoro e qualche rara uscita nei week-end, non mi ha comunque impedito di informarmi sui fatti italiani e farmi arrivare a conclusioni dal sapore poco dolce.
Per anni mi sono fatto tentare dall’ideale dell’anti-politica, della brava gente onesta oppressa da politici ladri. Beh, diciamolo una buona volta: sono cazzate! Ecco perché non mi piacciono le tesi di Grillo, questa contrapposizione noi-loro, i puri contro i malfattori. Perché troppe volte ci dimentichiamo che quei signori li abbiamo voluti noi, e ci rappresentano, più ancora che come elettori, come italiani. I nostri scandali continui, le nostre tangenti, le ruberie, le prevaricazioni non nascono a Montecitorio ma nelle strade, negli uffici, nelle case. L’Italia è quella che è perché gli italiani hanno un nonsenso civico che molte altre nazioni (non) ci invidiano. Un esempio su tutti: proprio questa sera il mio alcolizzato coinquilino idraulico, in vena di aprire bocca più per parlare che per scolarsi le sue solite 8 lattine di birra, mi spiegava che non può accettare contanti per i lavori che fa ma solo assegni. Non c’era nel suo discorso la consapevolezza che però sarebbe bello farsi pagare in nero, ma al contrario parlava come se la prospettiva stessa di evadere le tasse non esistesse nel suo orizzonte mentale. Una lingua inglese insomma trasformata in una neo-lingua orwelliana che ha cancellato l’idea stessa di evasione fiscale al punto da renderla non pensabile come concetto. Tant’è vero che mi è risultato impossibile spiegargli come invece le cose siano “appena” un po’ diverse in Italia.
Strana gente gli elettori italiani. Sono quelli che strillano contro la corruzione e poi votano ai referendum per mantenere l’acqua pubblica e sostengono l’M5S di Grillo che vuole l’acqua pubblica, come se non fosse chiaro che più un settore è lasciato alla gestione pubblica, più prosperano malaffare, inefficienza, corruzione, visto che non ci sono performance da valutare o concorrenza privata da fronteggiare, ma solo politici sconfitti da sistemare su qualche poltrona.
Strana gente gli elettori italiani, che si fanno abbindolare da parole d’ordine tipo “basta con i politici che vogliono salvare le banche”. Chi vuole salvare le banche in Italia? Quali banche sono state salvate? Con i soldi di chi? Che succede se una banca rischia di fallire e non viene salvata? C'è un fondo di garanzia, è vero, ma se falliscono più banche? Non è che magari i correntisti perdono i risparmi di una vita? Penso che anche le persone e non solo gli specchi abbiano il dovere di riflettere prima di dire cazzate.
Guardo dunque a queste elezioni con un certo pessimismo. È l’ultima occasione per fare riforme (dell’amministrazione pubblica, del mercato del lavoro, dello stato sociale) necessarie, ma sono convinto che alla fine non si farà niente, perché agli italiani in fondo va bene così, e se non va bene si può come d’abitudine nazionale dare sempre la colpa a qualcun altro, o affidarsi all’uomo della provvidenza di turno.
Da ultimo una riflessione sul caso Giannino e il partito Fare – per Fermare il Declino, forse quello meno lontano dalle mie idee.
Mi stupisco che nessuno abbia pensato la cosa più ovvia: la messinscena per avere visibilità gratuita.
Andiamo, siamo veramente convinti che Zingales affondi a pochi giorni dal voto il partito che ha contribuito a fondare? Non sono un politologo, ma ho qualche passata esperienza come giornalista e presente nel marketing, più che sufficiente per farmi pensare alla trovata pubblicitaria dal duplice effetto:
1) si porta
visibilità ad un partito fondato in quattro e quattr’otto, che infatti è
rimasto per giorni sulle prime pagine dei giornali e che altrimenti nessuno
avrebbe considerato,
2) si fa passare il messaggio che se il partito è pronto a mettere in croce Giannino per una cazzatina come un master invisibile, allora dev’essere un partito di persone votate alla santità, specie se paragonato ad altre forze politiche dove invece di master ci si occupa di finanziamenti occulti, Monte Dei Paschi Di Siena, troiettine (scusate, volevo dire olgettine), trote con lauree albanesi, ecc.
2) si fa passare il messaggio che se il partito è pronto a mettere in croce Giannino per una cazzatina come un master invisibile, allora dev’essere un partito di persone votate alla santità, specie se paragonato ad altre forze politiche dove invece di master ci si occupa di finanziamenti occulti, Monte Dei Paschi Di Siena, troiettine (scusate, volevo dire olgettine), trote con lauree albanesi, ecc.
E allora no, non voterò perché risulto ancora residente in Italia anche se sono a Vancouver, ma se potessi votare voterei non Giannino, ma il suo gatto, quello che aggredì Sallusti.
Ecco, il gatto di Oscar Giannino sarebbe un ottimo candidato premier: dopo aver visto in Parlamento tanti cagnolini fedeli e ammaestrati, il gatto sarebbe una sicura garanzia di indipendenza.