Thursday 16 February 2012

Il festival dell'inutile nel paese dell'assurdo


Primo post italiano. Io e il mio blog, senza filtri mentali, senza interruttore da dover accendere per passare da una lingua all’altra, tutto come viene.
Beh, non tutto, perché qualcosa in realtà m’era già venuto in mente la scorsa (ed insonne) notte.

Uso la mia lingua perché parlo del mio paese. Leggo sul sito del Corriere della Sera che in Italia ci si accapiglia per le quattro stronzate dette al festival di Sanremo da Celentano.
Lo leggo e mi chiedo: “Possibile che nel 2012 l’Italia sia ancora a parlare del festival di Sanremo? Onestamente, non ci sarebbero cose più importanti a cui pensare?”.
Sì, perché sempre sul Corriere leggo di corruzione dilagante e di povertà che avanza.

Vista da fuori l’Italia appare ancora di più come un paese assurdo, dove tutto viene messo in musica, in urla e in rissa, come un Titanic che affonda mentre l’orchestra suona e la gente balla. Anzi, più che un Titanic è una Costa Concordia, dove la negligenza e l'ignoranza giocano una bella parte nel naufragio.
E da quando sono in Canada il caso Costa-Schettino è una delle due volte in cui ho sentito parlare di Italia in televisione (l'altra è per il debito pubblico, in compagnia di Spagna e Grecia).

Non ho mai guardato in vita mia il festival di Sanremo, per cui non posso certo dire di sentirne la mancanza. Ma in generale non sento la mancanza della TV italiana, così imbarazzante che talvolta si mettono i rifiuti sopra il televisore, senza poi sbagliarsi più di tanto, visto che dentro sempre immondizia c’è.
Poco prima di partire ricordo che sulla Rai davano la pubblicità della serie “Don Matteo”: il prete nel paesino, il maresciallo dei carabinieri meridionale e baffuto (come se tutti i marescialli dei carabinieri dovessero per forza di cose essere meridionali e baffuti). Insomma, la fiera dello stereotipo, l’Italia da sagra di paese che non cresce e non vuole crescere, quasi orgogliosa della propria arretratezza.
La stessa Italia dove trovi a farti la predica quei falsi moralisti di Striscia la Notizia, in prima fila nelle loro battaglie contro i maghi e per curare le unghie incarnite dei cani, e poi artefici primi del fenomeno del velinismo, per cui è tutto normale se tua figlia anziché battere sulla strada statale fa più o meno lo stesso davanti ad una telecamera. Che volete che sia: in un paese dove la corruzione è ovunque anche un quarto d’ora di celebrità si vende e si compra, come al mercato.

L’ha insegnato lui, il nostro ex premier, che va bene così.
Quell’ometto buffo che si credeva simpatico raccontando barzellette sconce, secondo il quale il successo passa attraverso una comparsata al grande fratello (le minuscole sono intenzionali) o in qualche show a far vedere tette e culo.
Quello stesso ometto che parlava di rivoluzione liberale e che tutt’oggi si dice liberale, violentandone il significato, come se far successo attraverso l’impegno e la fatica quotidiana (sul lavoro e/o sui libri di scuola) o attraverso il troiaio formato TV fossero la stessa cosa.

La prima più importante rivoluzione di cui l'Italia ha bisogno è quella del recupero del senso di normalità.
Solo così ci si potrà indignare e provare a cambiare le cose sbagliate (come la corruzione) ed eliminare quelle inutili (come il festival di Sanremo).


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